Sonia Baglieri

Archivio annuale: 2016

Art Official Age – Prince

Art Official Age è il trentratreesimo album concepito in studio dal musicista statunitense Prince… Pubblicato il 30 settembre 2014 dalla NPG Records, sotto una nuova licenza della Warner Bros. Records

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Art Official Age – Prince

Art Official Age è un doppio album dove Prince rifà se stesso navigando tra soul, funk e r’n’b… L’artista diventa più canonico, con qualche upgrade recente tra rap, musical, ballad… Prodotto, arrangiato, composto ed eseguito insieme a Joshua Welton, è il disco ideale per ripercorrere a grandi linee la carriera di Prince, riecheggiando antichi fasti… Ed proprio per questi motivi che non è stato accolto benissimo dalla critica… il fatto che riproponga suoni “loop” già ascoltati in passato in brani più famosi del suo repertorio, mettono l’artista in difficoltà davanti ad “orecchi più esperti” che avrebbero voluto qualcosa di più originale per inaugurare il grande ritorno a braccetto con la sua vecchia e controversa casa discografica Warner Bros. Records…  Trattasi di una sorta di concept con voce narrante, di Lianne La Havas, in cui Prince si muove con agilità tra sussurri, ancheggiamenti, urletti…. e “riff di chitarra” di cui ormai aveva fatto il suo marchio di fabbrica… Devo ammettere che il risultato è però abbastanza modesto… Detto questo, sia quando ascolto questo doppio album, come tutti i dischi di Prince che fanno parte della mia collezione… non posso non ricordare con affetto questo grande artista che ci ha lasciati troppo presto…

“Art Official Age” – Prince
NPG Records & Warner Bros. Records – 2014
Tutte le tracce sono scritte, prodotte e arrangiate da Prince e Joshua Welton

TRACKLIST
Lato A
1. Art Official Cage – 3:41
2. Clouds – 4:34
3. Breakdown – 4:04
Lato B
4. The Gold Standard – 5:53
5. U Know – 3:56
6. Breakfast Can Wait’ – 3:54
Lato C
7. This Could B Us – 5:12
8. What It Feels Like – 3:53
9. affirmation I & II – 0:40
10. Way Back Home – 3:05
Lato D
11. Funkroll – 4:08
12. Time
13. affirmation III – 3:27

“Art Official Cage” – Prince

M-E-S-A e la Street Art

Graffiti in Andalucia (Spagna)

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M-E-S-A e la Street Art

M-E-S-A è un autore di graffiti spagnolo… I suoi dipinti sui muri hanno quel sapore nomade e ribelle… tipico di chi sceglie questa espressione artistica urbana… e personalmente ritengo che abbia un gusto particolarmente raffinato…

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M-E-S-A e la Street Art

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M-E-S-A e la Street Art

“Basta guardare qualcuno in faccia un po’ di più, per avere la sensazione alla fine di guardarti in uno specchio…” (Paul Auster)

La Street Art… cioè l’arte dei writers… si sta evolvendo velocemente… e grazie a questi nuovi talenti… i paesaggi spenti e grigi sono reinventati… riciclati… e sfruttati al meglio… Imbrattatori? o… Artisti?… Sono dell’idea che bisogna sempre considerare il contesto…

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M-E-S-A e la Street Art

L’artista M-E-S-A è riuscito anche decorare con i sui disegni alcune costruzioni diroccate in mezzo al deserto del Sahara… a dimostrazione che l’Arte può arrivare negli angoli più sperduti del pianeta!

Guarda Il mio video sotto per scoprire i graffiti di M-E-S-A

The Velvet Underground And Nico

«Soltanto cento persone acquistarono il primo disco dei Velvet Underground, ma ciascuno di quei cento oggi o è un critico musicale o è un musicista rock…» (Brian Eno)

The Velvet Underground & Nico è il primo album dei Velvet Underground, gruppo musicale rock statunitense, registrato con la collaborazione vocale della cantante tedesca Nico nel 1966 e pubblicato nel 1967 dalla etichetta Verve Records. Il disco è considerato uno degli album più importanti, influenti ed acclamati della storia della musica rock, avendo gettato le basi per una moltitudine di generi venuti dopo (come punk, new wave, rock alternativo o post-rock) e avendo introdotto tematiche innovative nei testi che lo compongono, mai affrontate prima in maniera così esplicita in un brano rock, come la vita metropolitana, la perversione e la deviazione sessuale, l’alienazione urbana o lo spaccio e assunzione di droga

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The Velvet Underground & Nico

Ho scattato la foto durante la mostra “Warhol è Noto”, a Noto in Sicilia… Opere provenienti dalla Collezione Rosini-Gutman… E’ la prima edizione originale del disco autografata da Andy Warhol

L’album venne prodotto da Andy Warhol, il quale ne disegnò la celebre copertina con la banana, inserita dalla rivista di critica musicale Rolling Stone al decimo posto nella lista delle “100 migliori copertine della storia”. The Velvet Underground and Nico è a volte chiamato “banana album” per via della copertina raffigurante una banana disegnata da Andy Warhol. Sulla copertina non compariva né il nome del gruppo né quello della casa discografica, ma solo la firma dell’artista. Le prime copie del disco invitavano chi la guardava a “sbucciare lentamente e vedere” (peel slowly and see)togliendo un adesivo si poteva vedere una banana rosa shocking (maliziosa metafora di un membro maschile). L’album ebbe una notevole sfortuna per la diffusione: la produzione venne fermata e tutti i dischi nei negozi vennero ritirati per l’alto costo della stampa (era stato progettato un macchinario apposito) e una successiva stampa ebbe dei problemi legali con il ballerino della Factory Eric Emerson in quanto una sua fotografia, tratta da un film di Warhol, era stampata sul retro dell’album senza che gli venissero pagati i diritti d’immagine. L’album venne nuovamente ritirato, e ciò contribuì a limitare il suo successo commerciale. The Velvet Underground & Nico ottenne un successo tardivo tanto che viene oggi considerato una pietra miliare del rock, un rock che Lou Reed ha sempre definito “per adulti”, dove all’opposto di musica come divertimento si predilige la musica come cultura. Mai prima d’ora un simbolo erotico così esplicito era stato usato per la copertina di un album, Andy Warhol seppe unire la sensibilità musicale dei Velvet e la sua sensibilità visiva, la trasgressione dei testi alla trasgressione dell’immagine…

Nel 2006 The Observer ha inserito “The Velvet Underground & Nico” al primo posto nella lista dei “50 album che hanno cambiato la musica”. Nel 2003 l’album fu inserito dalla rivista Rolling Stone al 13º posto nella lista dei “500 migliori album della storia della musica”… mentre il quotidiano britannico The Times lo inserisce all’11º posto nella lista dei “100 migliori album di tutti i tempi”

Sunday Morning
Dietro la serena descrizione di una calma domenica mattina, tranquillo risveglio dopo una notte di abusi di droghe, si cela un sentimento di paranoia e d’ansia strisciante che attanaglia il narratore della canzone. Il produttore Tom Wilson avrebbe voluto che a cantare il brano fosse Nico, ma Lou Reed volle cantarlo a tutti i costi lui stesso.

I’m Waiting for the Man
Uno studentello bianco si reca in un quartiere nero di Harlem a comprare dell’eroina dal suo spacciatore di fiducia che lo fa sempre aspettare. Farà dei brutti incontri prima di riuscire ad avere la sua dose. Un martellante piano boogie, contrappuntato da chitarre elettriche quasi punk, impreziosisce il brano. La parte finale del brano da inoltre spazio dal suono di un pianoforte che suona sempre la stessa nota.

Femme Fatale
Facciamo la conoscenza di una figura femminile algida, cinica e risoluta, che non si fa scrupoli a trattare i suoi spasimanti come giocattoli. Nico la interpreta sul disco alla perfezione. Lou Reed ha raccontato che la canzone fu scritta, dietro richiesta di Andy Warhol, ispirandosi alla figura di Edie Sedgwick.

Venus in Furs
Ispirata dalla lettura del romanzo Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch, descrive un triangolo sadomaso non privo di amarezza esistenziale, tra due amanti e il narratore che li osserva nel loro perverso gioco servo-padrona. Il brano risalta per la violenta presenza della viola di John Cale.

Run Run Run
Ambientata a Union Square, un parco dove si incontrano gli spacciatori di droga a Manhattan. I protagonisti della canzone sono quattro delinquenti dai nomi bizzarri, forse transessuali, (Teenage Mary, Margarita Passion, Seasick Sarah, e Beardless Harry), appartenenti al mondo della droga di New York. Brano essenzialmente Rock n’ Roll con lunghi assoli di chitarra elettrica nell’intermezzo.

All Tomorrow’s Parties
Funerea riscrittura della favola di Cenerentola cantata da Nico; era la canzone del disco preferita da Andy Warhol. Lou Reed descrisse il brano anche come «una descrizione molto appropriata di certa gente che frequentava la Factory in quel periodo». Il brano è accompagnato da un pianoforte preparato su idea di John Cale che suona sempre la stessa nota. Del brano esistono due versioni, una pubblicata come singolo (lato B: I’ll Be Your Mirror), con la voce di Nico ben in evidenza raddoppiata su due piste, e una seconda con un missaggio più pacato e meno radiofonico.

Heroin
Cruda descrizione della dipendenza dall’eroina di un tossicodipendente. La descrizione dell’esperienza è raccontata nei dettagli più feroci, come l’ago che buca la vena, il sangue che entra nella siringa e la volontà di annullarsi completamente nella droga che diventa l’unica compagna di vita del protagonista.

There She Goes Again
Un ragazzo è tormentato dalla gelosia che prova per la sua ragazza che sembra non curarsi minimamente di lui e provare piacere a ferire i suoi sentimenti. Il consiglio di Lou Reed? Picchiarla. Il riff iniziale della canzone è ripreso dal successo del 1963 di Marvin Gaye Hitch Hike.

I’ll Be Your Mirror
Delicata canzone d’amore scritta da Reed per essere cantata da Nico. Dedicata al primo amore di Lou, Shelley Albin, e forse anche alla stessa Nico, con la quale Reed all’epoca ebbe una breve relazione.

The Black Angel’s Death Song
Sperimentazione sonora attraverso un massiccio uso del feedback e della viola distorta e lancinante di Cale. Il testo è un fluire di immagini onomatopeiche, nonsensi e associazioni verbali senza un particolare significato. Sulla canzone circola una celebre leggenda metropolitana confermata anche da Sterling Morrison… si dice che la sera stessa che i Velvet Underground suonarono la canzone per la prima volta in pubblico, furono licenziati in tronco dal proprietario del locale in cui si esibivano.

European Son
Dedicata alla memoria del primo nume tutelare di Lou Reed, il poeta Delmore Schwartz. Dopo un breve testo cantato sopra un convenzionale riff di chitarra e basso, un rumore assordante (simile al ruggito di una tigre in un catino, ma in realtà fatto da John Cale trascinando una sedia di metallo sul pavimento e poi facendola sbattere violentemente contro una pila di piatti di alluminio) ci porta a un brusco cambio di clima… una lunga coda strumentale a base di distorsioni e feedback di chitarra che sconvolse non poco il pubblico di allora.

“The Velvet Underground And Nico” produced by Andy Warhol
Verve Records 1967
Tutte le canzoni sono state scritte da Lou Reed, eccetto dove indicato.

TRACKLIST
Lato A
1. Sunday Morning – 2:54 (Lou Reed, John Cale)
2. I’m Waiting for the Man – 4:39
3. Femme Fatale – 2:38
4. Venus in Furs – 5:12
5. Run Run Run – 4:22
6. All Tomorrow’s Parties – 6:00
Lato B
7. Heroin – 7:12
8. There She Goes Again – 2:41
9. I’ll Be Your Mirror – 2:14
10. The Black Angel’s Death Song – 3:11 (Lou Reed, John Cale)
11. European Son – 7:46 (Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison, Maureen Tucker)

“Sunday Morning” – The Velvet Underground And Nico

Sticky Fingers – The Rolling Stones

Sticky Fingers è un album discografico del gruppo rock britannico The Rolling Stones, pubblicato nel 1971. Raggiunse immediatamente le vette della classifica inglese e statunitense, rimanendovi per svariate settimane… Nel 2003 l’album è stato inserito dalla rivista Rolling Stone alla posizione numero 63 nella loro lista dei migliori 500 dischi di sempre

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Sticky Fingers – The Rolling Stones

Ho scattato la foto durante la mostra “Warhol è Noto”, a Noto in Sicilia… Opere provenienti dalla Collezione Rosini-Gutman… E’ la prima edizione originale del disco autografata da Andy Warhol

In questo articolo parlerò della celebre copertina del disco, opera dell’artista Pop Andy Warhol… La cover è caratterizzata da un paio di jeans con evidente rigonfiamento all’altezza dei genitali… Inoltre nella versione vinile la cerniera era apribile… All’interno è presente il famoso Tongue & Lip disegnato dal designer John Pasche e la versione più spoglia della copertina col modello vestito solo di mutande, col rigonfiamento ancora più in mostra!… Le fotografie sono di Billy Name mentre il design, su indicazioni di Warhol, è di Craig Braun… La fotografia del “pacco maschile” stretto dentro un paio di attillati blue jeans, all’inizio fu creduta da molti fan appartenere a Mick Jagger, mentre invece il modello utilizzato fu Joe Dallesandro, attore dei film di Warhol

In Spagna, la copertina originale fu ritenuta troppo scandalosa e venne sostituita dalla non meno sinistra foto di un barattolo dal quale spuntavano delle dita femminili… inoltre Sister Morphine, per i riferimenti alla droga contenuti nel testo della canzone, fu tolta dalla scaletta dei brani e rimpiazzata da Let it Rock, una cover di un brano di Chuck Berry… Nel 1992, la pubblicazione in LP dell’album in Russia fu modificata… la foto del modello in jeans fu sostituita con l’equivalente al femminile per suscitare minore scandalo…

Nel 2003, il canale televisivo musicale VH1 ha nominato la prima versione di Warhol di Sticky Fingers la “migliore copertina di album di sempre”.

Sticky Fingers – The Rolling Stones
1971 – Rolling Stones Records, Atlantic Records and Virgin Records
Tutti i brani sono opera di Mick Jagger e Keith Richards, eccetto dove indicato…

TRACKLIST
1. Brown Sugar – 3:49
2. Sway – 3:51
3. Wild Horses – 5:52
4. Can’t You Hear Me Knocking – 7:14
5. You Gotta Move – 2:32 (testo: McDowell/Davis)
6. Bitch – 3:36
7. I Got the Blues – 3:52
8. Sister Morphine – 5:31 (testo: Jagger/Richards/Faithfull)
9. Dead Flowers – 4:03
10. Moonlight Mile – 5:56

“Brown Sugar” – The Rolling Stones

Let It Be – The Beatles

Ho sempre trovato gradevole l’ascolto dei brani di “Let It Be”… Ogni brano di questo disco è un classico… cosa si può dire di fronte ad un capolavoro?!… Beh… qualcosa in realtà bisognerebbe dirla… Una cosa è certa, dopo varie ricerche (benedetto sia Internet), capisco oggi con più consapevolezza la malinconia che aleggia su “Let It Be”… A chi, come me, è appassionato di musica, che non è nato in quegli anni e non ha vissuto quell’epoca… non verrebbe mai in mente che dietro ad un così bel disco ci sia un avvenimento davvero triste: la fine di un’amicizia

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Let It Be – The Beatles

“Let It Be”, è l’ultimo disco dei Beatles… fu registrato in un freddo inverno del 1969… in uno studio enorme, dove erano state collocate delle telecamere… L’idea originale, di McCartney, era di registrare un album dal vivo, riprenderne le sedute d’incisione (infatti, nel sottofondo di ogni canzone si sente l’improvvisazione musicale del gruppo)… per poi trarre un film-documentario, e concludere il tutto con uno spettacolare concerto in un anfiteatro greco, o su un transatlantico (caspita!)… Tutto andò storto!… All’origine il disco doveva essere chiamato “Get Back “… a sottolineare il ritorno dei 4 sulla scena… Però i litigi, documentati dalle telecamere, erano all’ordine del giorno… la presenza di Yoko Ono e i tentativi di McCartney di mantenere il controllo delle operazioni non fecero che peggiorare le cose… L’album venne poi abbandonato per quasi un anno, finché non venne riesumato nel 1970 da due produttori, Glyn Johns e Phil Spector… e in particolare il secondo ebbe un approccio disastroso sull’arrangiamento di “The Long And Winding Road”… Avete presente i ritocchini che si fanno con il Photoshop alle foto?! Ebbene, allo stesso modo, con qualche trucchetto sonoro alla canzone, che all’origine era incisa semplicemente dal vivo da McCartney, vennero aggiunti 50 elementi di orchestra con un “coro barocco” femminile che non rispecchiava per nulla la linea musicale del disco… L’ulteriore tragedia fu che tutto venne fatto all’insaputa dello stesso McCartney… Vi rendete conto?… La frittata era già stata fatta… Non solo le incomprensioni fra i 4 musicisti ormai erano note ed evidenti a tutti… ma pure il loro produttore peggiorò la situazione già irrecuperabile…

“Across The Universe” è uno dei miei brani preferiti… viene fuori tutta l’anima di Lennon… quel suo misticismo e quella sua creatività quasi “divina” che invita alla riflessione… Su questo brano si sono scritti fiumi di parole cercando di interpretarlo… A me piace pensare che sia semplicemente una “canzone universale”, così come evoca lo stesso titolo… il ritornello “Nothing’s gonna change my world”… invita la personalità unica e sola di ciascuno di noi che può sopravvivere e attraversare l’universo mediante l’autocontrollo e la concentrazione… La solitudine umana si tocca con mano anche nel brano “I Me Mine”… struggente e inconfondibile il ritornello del pezzo scritto da George Harrison… quasi ossessivo… Che dire di “Let It Be”?! Paul McCartney rivelò che l’ispirazione per la canzone gli venne da un sogno, nel quale aveva parlato con la madre Mary, morta di cancro nel 1956 quando lui aveva solo 14 anni… Nel sogno, la madre consigliava a Paul, preoccupato per le tensioni nel gruppo, di lasciare correre, to let it be”, che tutto si sarebbe aggiustato… Brano molto discusso, pensate che a John Lennon non piaceva…poiché lo considerava troppo “pseudo-religioso”, come si evince dalla sua frase in falsetto che sul disco precede la canzone a mo’ di scherno… Secondo alcuni, l’antipatia di Lennon per il brano sarebbe confermata proprio dalla collocazione della canzone sull’album, posta appena dopo l’irridente frase di Lennon: «And now we’d like to do: Hark The Angels Come”!» (“Ed ora vorremmo eseguire: Udite! Gli angeli cantano”!) e subito prima dell’esecuzione di “Maggie Mae”, dedicata ad una prostituta di Liverpool… Fatto sta che “Let It Be” diventò un successo planetario… Nel 2004 il brano ha raggiunto il ventesimo posto nella classifica delle 500 canzoni migliori di tutti i tempi pubblicata dalla rivista Rolling Stone… Degno di essere menzionato è “Get Back” il brano che chiude e che in realtà doveva essere il titolo del disco e segnare il ritorno alle origini musicali del gruppo, il Rock’n’roll… Il ritmo dentro c’è tutto, evoca l’epoca delle canzonette dal ritornello orecchiabile… peccato che fu l’ultimo tentativo di tornare agli anni d’oro dei Beatles… Lo stesso Lennon nella battuta finale che chiude la canzone sembra essere sarcasticamente profetico… il destino per i 4 era già stato scritto: «I’d like to say thank you on behalf of the group and ourselves, and I hope we passed the audition!» (“Vorrei ringraziarvi a nome del gruppo e di noi stessi, e spero che abbiamo passato l’audizione!”)… Il gruppo si sciolse…

“Let It Be” – The Beatles
1970 – Apple Records

TRACKLIST
Lato A
1. Two of Us (Lennon-McCartney) – 3:37
2. Dig a Pony (Lennon-McCartney) – 3:55
3. Across the Universe (Lennon, McCartney) – 3:48
4. I Me Mine (Harrison) – 2:26
5. Dig It (Lennon-McCartney-Harrison-Starkey) – 0:50
6. Let It Be (Lennon-McCartney) – 4:03
7. Maggie Mae (Trad. arr. Lennon-McCartney-Harrison-Starkey) – 0:40
Lato B

1. I’ve Got a Feeling (Lennon-McCartney) – 3:38
2. One After 909 (Lennon-McCartney) – 2:54
3. The Long and Winding Road (Lennon-McCartney) – 3:38
4. For You Blue (Harrison) – 2:32
5. Get Back (Lennon-McCartney) – 3:09

“Let It Be” – The Beatles